Sento calare la sera
Ermetica
Tela di
Tante
Emozioni color
Malinconia
Brulichio di
Ruvidi pensieri
Estratti dalla noia.
Tosca Pagliari (2010).
Com’è nebbioso oggi il mare
e livido il tempo
indifferente
e grigio
pesa
su tetti, alberi, animi.
Com’è lontano oggi il mare
lontano
dal sole
dal caldo
dall’estate
rapita insieme alle vacanze.
Com’è piccolo oggi il mare
un lembo appena
sfilacciato
nella bruma
del giorno
che già
vuol cedere il passo alla sera.
Tosca Pagliari (2010)
Là dove nascono i sogni
c’è una nicchia tessuta
di speranze,
vi risuonano i sorrisi
trascorsi
e s’avverte già il brusio
di quelli in arrivo.
In questo cantuccio
si attendono i respiri
delle persone più care
che recano fili preziosi
per il canovaccio
di gioia
steso verso il domani.
Tosca Pagliari (Capodanno 2010)
Cu c’era a novembri ‘nta dda notti
du millinovicentuvintottu
assittatu ‘nto scuru
a taliari l’uttimu muru
da so casicedda svutata
sutta supra nta na iurnata?
Cu c’era?
Ci n’erunu tanti
nun poi sapiri quanti!
Ma stannu quasi tutti durmennu cuntenti
e sulu qualchi picciriddu di tannu
su chiami magari ti senti
e tu cunta, si a memoria non avi dannu,
di comu a Mascali a genti
si ritrovau di coppu senza nenti.
E’ ‘n picciriddu assittatu
supra ‘n carrettu stranghillato
ca va e s’annaculìa cu scruscio di pignate,
cu roti caricate
e pari prontu a jettarisi di latu.
E’ n’ picciruddu stralunatu
di tutta dda russura
ca s’ammogghia u so paisi
a so casa , l’uttimo muru iancu
ddu muro unni iucare accantu,
cu facci di carusi tosticeddi
e chi sacchette chieni, o iocu di funneddi.
Chi preiu dda nuttata!
A ramminsata
‘n mastru di festa ‘mprussisatu
ordinau di sparari bummi
ma era ammucciatu
cu sapi unni.
Tra ciauru di suffuru,
tutta dda lustrura ca t’assicuta,
‘mpastannu abberi e petri
no é a lava
a picca metri
ma ‘n prodigiu, n’ incantu….
ma picchì a matri avi occhi di chiantu
e vuci di prijera afflitta?
Picchì u patri cu vucca d’infernu
santìa ca testa scuntennu
e n’ti manu impagghiazzìa a burritta?
No sapi a ddu tempu a menti nnuccenti,
a vucca cu denti di latti ridi spalancata.
Ora u sapi a menti d’u vecchiu sapienti
E na lacrima cala lenta e cocenti
supra a faccia du tempu riccamata.
2008
La traduco per i non parlanti siciliano
Chi c’era quella notte?
Chi c’era quella notte
del Millenovecentoventotto
seduto nell’oscurità
a guardare l’ultimo muro
della sua casetta svuotata
sotto sopra in una giornata?
Chi c’era?
C’erano in tanti
non puoi sapere quanti!
Ma stanno tutti dormendo contenti
e solo qualche bambino d’allora
se lo chiami ti sente
e ti racconta, se la memoria non gli fa difetto,
di come a Mascali la gente
si ritrovò di colpo senza niente.
E’ un bambino seduto
sopra un carretto sgangherato
che va dondolandosi con rumore di pentole
su ruote sovraccariche
e sembra pronto a rovesciarsi.
E’ un bambino meravigliato
di tutto quel rossore
che avvolge il suo paese,
la sua casa, l’ultimo muro bianco
quel muro dove giocare accanto,
con facce di ragazzini monelli
e dalle tasche piene, al gioco dei fondelli*.
Che piacere quella nottata!
All’insaputa, un mastro di festa improvvisato
ordinò di far scoppiare i mortaretti
ma era nascosto
chissà dove.
Tra odore di zolfo,
tutto quel chiarore che ti rincorre,
impastando alberi e pietre,
non è la lava
a pochi metri,
ma un prodigio, un incanto…
ma perché la madre ha occhi di pianto
e voce di preghiera afflitta?
Perché il padre con bocca d’inferno
bestemmia scuotendo la testa
e tra le mani sgualcisce il berretto?
Non lo sa a quel tempo la mente innocente
la bocca con denti da latte ride spalancata.
Ora lo sa la mente del vecchio sapiente
e una lacrima scorre lenta e cocente
sulla faccia ricamata dal tempo.
*FUNNEDDI: Gioco tipico dei bambini di quel tempo per il quale utilizzavano dei bottoni. Il gioco stimolava attività creative e destrezza di stima e di calcolo. Tutti i bottoni avevano un valore, ma non lo stesso. Il minor valore l’aveva il bottone da camicia, mentre un grosso bottone da cappotto era il più quotato. Si tracciava un quadrato per terra scomposto in quattro quadrati più piccoli, delle regole ben precise stabilivano punteggi e priorità a secondo di dove finivano i bottoni in rapporto ai quadratini.
Con questa poesia s’intende ricordare la colata lavica del vulcano Etna, nel novembre del 1928, che distrusse interamente il paese di Mascali, il quale venne poi riscostruito più in basso verso il mare.
C’è il libro
della preghiera
del canto
del destino
della magia
della meraviglia
del ricordo
della fantasia
del viaggio
del sapere
dell’arte
del canto
del riso
e del pianto.
C’è un libro per dire
e un cuore
e una mente
per ascoltare.
C’è una pagina aperta
una pagina chiusa
una pagina piegata
una pagina sottolineata
una pagina scarabocchiata
una pagina strappata.
Tra una pagina c’è un fiore appassito
una cartolina
un biglietto
una fotografia
un capello
un’impronta
un segnalibro speciale
messo per caso o per intenzione.
C’è una frase che ti segue
un’altra che ti consola
una che ti fa compagnia
un’altra ancora che pretende
di riassumere ogni verità,
ma infine rimane sospesa
a quel punto di domanda
che ti spinge verso un nuovo libro
e un libro ancora
e sai sempre che non basterà.
Tosca Pagliari (2008)
Le mamme del nuovo millennio
col pancione fecondo
trofeo che sbuca fuori dai jeans.
Le mamme-regista di crescita
con la videocamera digitale
e le foto dei pargoli sui DVD.
Le mamme in carriera
a dirigere nonne e baby sitter.
Le mamme-autista
che accompagnano a scuola
e di qua e di là
e su e giù,
sognando d’allevare futuri campioni
di sport, musica, danza
o chissà che.
Le mamme bellissime
che non imbiancano mai,
coi capelli dai colori di fiamma
e i colpi di sole che illuminano il viso.
Le mamme modelle
tra dieta e palestre
col pearcing e il tatoo.
Le mamme alla moda
abbigliate come la loro prole.
Le mamme che sembrano sorelle maggiori
e non perdono il ruolo di figlie
di altre madri eternamente splendenti.
Le mamme con il cellulare
che messaggiano le raccomandazioni
e aspettano uno squillo
per non stare in pensiero.
Le mamme davanti al computer
che cercano consigli navigando su Internet.
Le mamme stanche
che si consolano
chattando con le amiche.
Le mamme coi sensi di colpa
del tempo che manca
ed esige la corsa allo shopping
ai vestiti di marca
alle figurine introvabili
agli ultimi videogiochi
per un figlio che chiede
per un mondo che chiede
e niente sembra bastare,
ma tutto corre sempre più in fretta
e quel che si cerca esige il “subito”.
Le mamme sole
per scelta o per circostanza.
Le mamme con le famiglie distrutte
con le famiglie rifatte
con le famiglie allargate.
Le mamme felici o affrante
con tutti i figli rimescolati.
Tutte voi madri del nuovo millennio
sappiate che nessuno è perfetto
tanto meno una donna
anche se diventa mamma,
ma non ve ne rammaricate
e sorridete ai vostri figli.
A tutte quante,
nel giorno della vostra festa,
nè fiori nè profumi nè rossetti,
ma solo un applauso
un applauso intenso
che scrosci e risuoni
per il mondo intero
perchè essere madri nel nuovo millennio
è davvero un impegno
Tosca Pagliari ( Maggio 2007)
Piccola Fatima
dalla lunga leggera gonnella
sulla calzamaglia di lana.
Piccola Fatima
dalla grossa treccia
di fili di seta di nero lucente.
Piccola Fatima
che incedi come una regina
nella fila scomposta
tra tute e jeans di marca.
Mesta e dignitosa
il sorriso triste
gli occhi scuri assorti
profonda malinconia
d’una calda terra lontana
nella nebbiosa mattina lombarda.
Piccola Fatima
le braccia incrociate sul banco
la testa reclina
il silenzioso pianto
solenne affranta nostalgia.
Terra straniera
clima straniero
parole straniere
mensa straniera
compagni stranieri
insegnanti stranieri.
– Fatima perchè piangi?-
E tu che già impari l’italiano
– Male la testa-
Male al cuore Fatima
al cuore!
Lo avverto
ma non te lo dico
rispetto il nobile pudore
del tuo dolore.
Ci guardiamo
in silenzio comunichiamo.
Una carezza sul capo
e nel linguaggio universale
ci comprendiamo.
Impari sempre di più
sempre più in fretta.
Impari tutto di noi:
la lingua, le usanze, gli atteggiamenti
eppure mantieni il tuo stile.
Alunna attenta e ordinata
assorbi assennata
la nostra cultura
cerchi di attecchire
delicata e tenace pianticella esotica.
E ce la farai, lo so, lo sento.
Io no, io riparto
torno in quella mia soleggiata terra del sud
che si affaccia sulla tua.
Ti lascio un po’ più allegra
più disinvolta
con tanti nuovi amici
con gli scarponi da neve
e negli occhi ancora un debole riverbero
di corse scalze sulla sabbia tunisina.
Ti lascio e di te mi resta solo il tuo nome:
Fatima.
E soltanto adesso mi chiedo
che gusto ha il tuo cibo
che raccontano le tue canzoni
qual è il ritmo dei tuoi balli
come ti consola il tuo Dio
che suono ha “ciao” nella tua lingua
e “sole”, “vento”, “tristezza”, “felicità”?
Troppo presa ad insegnarti di noi
ho perso l’occasione d’imparare di te.
Addio piccola Fatima
o forse arrivederci
chissà…
Ma spero
spero tanto
che camminando nel nostro mondo
ti rimanga memoria anche del tuo
e che tu possa scoprire
in un gesto, una musica, uno sguardo, un colore
quella verità che tutti ci accomuna.
Tosca Pagliari (1999)
Tra le pagine di ogni libro c’è una mente che comunica ad altre menti. La mente che riceve rielabora i concetti, rivive il tutto dalla sua dimensione.
C’è chi ha detto che “leggere un libro è come riscriverlo“.
Soprattutto certe frasi diventano indelebili spalancando nuovi orizzonti, invitando a riflessioni, rivalutando situazioni.
Partire dalle frasi più significative, farne una raccolta collettiva per scambiare idee e opinioni potrebbe essere piacevole. Che ne dite?
Comincio da qualche frase del libro che attualmente sto leggendo “Prendimi con te – vita avventurosa di un libro giramondo” . Questa ad esempio potrebbe fare al caso nostro: “Amo le conversazioni notturne quando non sono guidate dall’unica preoccupazione di ammazzare il tempo, quelle in cui non ci si ripete, in cui s’inventa e nel “fuoco della discussione”, si scoprono nuove cose sugli altri e su se stessi”.