IO E LA SCUOLA DI IERI E DI OGGI, PROPRIO OGGI 22 MARZO 2020.

 HO IMPARATO A SCRIVERE.

Ho imparato a scrivere con strumenti complicati: matite che si spuntavano in continuazione, pennini intinti nell’inchiostro che gocciolava o schizzava dappertutto, stilografiche da ricaricare a siringa e poi a cartuccia. Finalmente la penna biro! Poi la prima dattilografia, tic tac-tic tac  con due dita e attenta a non fare errori se no toccava cambiare foglio e ricominciare tutto daccapo. La seconda dattilografia col corso specializzato, dieci dita e via senza guardare la tastiera con la macchina elettrica che filava silenziosa e il cronometro e le gare di velocità nelle competizioni nazionali. Ma anche lì se si sbagliava era un pasticcio. Finalmente il primo computer e la meraviglia di poter sbagliare senza ansia, poter correggere facilmente, integrare, tagliare, copiare, incollare parole e brani. E via sempre più all’avanguardia con il correttore ortografico, con la connessione Internet e con i vocabolari in un clic. Ecco ora penso che sia stato meglio così senz’altro. La “bella calligrafia”  è diventata una pratica estetica non necessaria. Si può anche essere  mancini e disgrafici senza che nessuno ti leghi la mano incriminata, ti pianti una bacchettata, ti metta dietro la lavagna o le orecchie d’asino sulla testa. C’è il PC come strumento compensativo e tutto è risolto. Si è quasi perso un tipo di manualità e se ne è adottato un altro. Le dita sanno fare altro: battono sui tasti, trascinano il mouse, cliccano, usano il touch screen e regolano scivolamenti e pressioni per il perfetto utilizzo dei nuovi strumenti. I nativi digitali sono dei fenomeni. Quelli che come me vengono dal lapis ( che la matita nei miei tempi e nei miei luoghi la si chiamava così) sono anch’essi dei fenomeni di adattamento evolutivo. E mi piace che tutto questo  sia diventato la normalità odierna, lo trovo un bene, un vantaggio, una vera e propria fortuna, indietro non ci tornerei.

HO COMINCIATO AD IMPARARE A FARE L’INSEGNANTE E NON HO MAI SMESSO.

Avevo il gesso e la lavagna, la mia voce, la mia gestualità. Poi ho tirato fuori le prime cassette registrate con i nastri che si ingarbugliavano e si rompevano sul più bello. Poi  ancora i CD, i DVD  e i dispositivi USB con relativo PC naturalmente. E ancora la LIM  e i tutorial didattici, i filmati … Una meraviglia! A volte si ha la sensazione di andare col pilota automatico, ma non è così perchè l’insegnante è sempre lì che media la situazione. L’insegnante c’è, la classe c’è, tutti in carne ed ossa presenti e reali. E mi piace.

ADESSO STO IMPARANDO A FARE L’INSEGNANTE IN EMERGENZA.

Ieri sera, al TG straordinario, il Primo Ministro ha detto che stiamo vivendo il momento peggiore dal secondo dopoguerra. Un brivido. Io le difficoltà del secondo dopoguerra me le ricordo per i discorsi dei miei genitori e dei miei nonni e mi pare quasi d’averle vissute. Così la cosa mi sgomenta alquanto.

Con la pandemia del coronavirus e le scuole chiuse ci tocca optare per una didattica a distanza. Sto imparando nuove metodologie navigando tra piattaforme varie. E’ una fortuna che ci siano in questo momento tali alternative, così com’è  stata  una fortuna tutto il percorso tecnologico. Ma spero con tutto il cuore che questa modalità sia un’emergenza passeggera e non diventi mai  e poi mai la normalità.

Non rimpiango i tempi del lapis, sostituiti dai tempi della tastiera del PC o del touch screen, perchè gli strumenti sono un conto e l’umanità un altro conto. Perchè la lezione viva è viva davvero. La lezione “live” con questo corrispettivo inglese è viva per finta, per comodità, per non poterne fare a meno.

Specialmente se si ha a che fare con i bambini occorre lo sguardo diretto, il gesto ravvicinato, il calore, l’odore, la presenza necessaria a garantire il senso della realtà, della protezione, dell’umanità. Anche con gli strilli e i momenti di tensione, anche quelli sono realtà da imparare a gestire, a condurre verso livelli più ragionevoli e appaganti. Correggere un compito gomito a gomito spiegando, confortando e invogliando non è affatto la stessa cosa che segnare errori su un compito a distanza e nella migliore delle ipotesi inviare un commentino d’accompagnamento con tutti gli sforzi possibili ed immaginabili richiesti.

La didattica a distanza è per dire ai nostri alunni che se siamo distanti non siamo lontani perchè in qualche modo ci possiamo avvicinare. E’ per fare capire loro che la scuola non è perduta, che i compagni si possono in qualche modo ritrovare e che gli insegnanti non abbandonano nessuno. Non abbandonano nessuno con tutta la loro tenacia. Eppure sarà difficile arrivare alle fasce più deboli, a chi ha gravi handicap, a chi, tutt’oggi, non ha mezzi tecnologici, ma ancor prima dei mezzi la serenità e la necessaria tranquillità organizzativa.

Che in futuro tutto questo non sia davvero la normalità. Anche se  quello che stiamo imparando ci potrebbe sempre servire per gemellaggi di classi con alunni di altri luoghi, per andare incontro ad alunni che per motivi di salute non possano frequentare per un periodo la scuola… e così via per altre ragioni al di là della prassi quotidiana.

Se ne potrà fare tesoro di questo corso d’aggiornamento  improvvisato e intensivo (chiamiamolo così), ma che non ci sia un futuro dove la didattica a distanza diventi la prassi comune e gli insegnanti,così come eravamo fino qualche settimana fa, non diventino, agli occhi delle nuove generazioni, come il pennino intinto nell’inchiostro è rimasto ai miei occhi.

Intanto mi voglio nutrire di ottimismo e prospetto la mattina del primo giorno che tornerò a scuola con i miei alunni. Sarà come un primo giorno di scuola in assoluto, un giorno felice da ricordare per sempre e, per prima cosa, canteremo tutti insieme.

Arriverà anche questo domani. Tocca solo aspettarlo con fiducia.

(da Liberi Pensieri di Tosca Pagliari – 22 marzo 2020 secondo giorno di primavera)

 

 

RIFLESSIONE SULL’ARTE D’INSEGNARE A TUTTI attraverso un brano tra fiaba e realtà


BRANO TRATTO DAL RACCONTO “NIVEK-IL SEGRETO DELL’ERBA TAGLIATA” DI TOSCA PAGLIARI.

Nel caso volessi leggere la versione integrale, clicca su NIVEK dalla home page e poi un po’ più sotto clicca su SCARICA PDF. Buona lettura.

(Parlano un gatto e un bambino. Inizia il dialogo il gatto).

– Non mi interessano di preciso i nomi di tutti, ti ho mai forse chiesto il tuo?
– No, ma posso dirtelo. Mi chiamo Nivek.
– Stranezze umane!
– Adesso che ci penso dovrei dare un nome anche a te.
– No, non farlo! Non lo sopporterei di sentirmi chiamare Cicci, Pucci, Fufi, Frufrù o altri termini insulsi con cui sono stati appellati i miei simili per colpa d’umana idiozia.
– Allora sceglitelo da solo un nome. Come ti piacerebbe chiamarti.
– Beh, fammi un po’ pensare … Un nome è come un titolo di un’opera, ti deve dare un’idea sostanziale di quel che vuole esprimere in tutta la sua complessità. Io sono un gatto e siccome mi esprimo a miagolii mi piacerebbe chiamarmi, anzi chiamami senza alcun dubbio, MIAGOLA! Bello, no?
– Miagola è un verbo, anzi per l’esattezza “voce del verbo miagolare”, non è un “nome” e tanto meno un “nome proprio”.
– Chi le ha decise queste inconcludenti precisazioni?
– La maestra dice che si tratta della grammatica.
– Oh! La maestra!
E il gatto cominciò a ridere, sdraiato a pancia all’aria non riusciva a trattenersi. Cominciò allora a rotolarsi a terra e non ce la faceva più a smettere.
– Che c’è tanto da ridere?
– Le maestre mi fanno morire dal ridere.
– Perché? Tu sei un gatto che ne sai delle maestre.
– Che ne so? Lo so sì che lo so! Perdinci se lo so! Sono un gatto amMAESTRAto!
Così dicendo sembrò riprendersi, si piazzò su tutte e quattro le zampe e con la coda dritta, andando avanti e indietro, incominciò a parlare.
– Altro che se sono stato ammaestrato!
– E’ accaduto quando ti ho insegnato a fare i salti?
– No, caro mio. È stato molto tempo prima.
– Ma se ti ho trovato che eri un micio piccolo piccolo.
– Oh, sì! Piccolo piccolo e fuggitivo da un branco di fratellini ottusi che s’affannavano a dar retta all’ammaestratrice: “Tira su la zampa destra, tira su la zampa sinistra, fai un passetto, gira intorno, torna giù”..
– Questa roba la fanno i cagnolini al circo.
– Anche i micetti, dai retta a me, la fanno in qualche circo stravagante. Comunque l’ammaestramento credevo fosse una disgrazia capitata solo a poveri cani e gatti, fino a quando non sono saltato sul davanzale della finestra di una scuola e lì sono rimasto come imbalsamato. Guardavo e sentivo: ”Bambini zitti, bambini seduti, prendete il quaderno a righe, prendete il quaderno a quadri, copiate dalla lavagna, svelti, ripetete ba, be, bi, bo, bu. Bambini colorate: i quadrati rossi, i cerchi blu, i rettangoli verdi, i triangoli gialli. Bambini di qua, bambini di là e di su e di giù. Poveri bambini tutti vestiti uguali, tutti che andavano allo stesso ritmo, tutti che ripetevano con lo stesso tono. Poveri bambini ammaestrati! La maestra era bravissima a dirigere tutti quei bambini omologati, ma con quelli speciali non c’era verso. Con quelli ci voleva un tocco di classe, una sensibilità speciale al di là delle libresche dissertazioni didattico – psi..psi…psi ( Il gatto sbuffava ripetutamente) psico – pedagogiche (Ce la fece tutto d’un fiato e orgoglioso rizzò la coda continuando). I bambini speciali sono un vero e proprio rompicapo per le ammaestratrici, se non hanno fiuto non c’è sapienza che tenga. Il fiuto in questo caso è fatto di strategie, dedizione, convinzione di riuscita e un pizzico d’amore che non guasta mai. Se non sanno scommetterci è inutile che prendano in mano il gioco.
Ma torniamo a quel famoso giorno a scuola. Sbirciavo immobile seduto sulle zampe posteriori e la coda girata davanti a quelle anteriori, quando un bambino, che aveva un difetto nel meccanismo dell’attenzione, se ne stava voltato verso la finestra. Nonostante la mia immobilità e la mimetizzazione del mio pelo con il marmo bianco-grigio del davanzale, solo lui mi notò. Dimmi un po’ se non era davvero speciale quel bambino. Come mi vide gridò: “Gatto, gatto!” Con questa esclamazione disinnescò il perfetto meccanismo attentivo di tutti gli altri, che mollarono i loro arnesi e, tra gli inutili richiami della maestra, corsero a vedere, accalcandosi ai vetri. La povera donna, a furia di richiamare all’ordine era rossa in viso e la sua voce diventava sempre più stridula. Fu così che, istintivamente, me la detti a zampe. Quel che accadde dopo non lo seppi mai, ma posso immaginarlo. E tu mi vieni a dire che ne so io di maestre! Ne so eccome! Hanno l’ardire di voler far diventare semplice ciò che è complesso come se fosse una cosa abbastanza fattibile!
Basta ho parlato troppo delle maestre, mi detesterebbero se mi sentissero eppure non sanno che, in fondo, sono convinto che senza di loro il mondo sarebbe decisamente ignorante visto che, comunque, sono quelle che ti avviano al sapere. Come sarebbe un mondo futuro senza maestre, o anche maestri, perbacco, non lo so, questo proprio non riesco ad immaginarmelo. Adesso basta, proprio basta!
Invece a proposito del mio nome o Miagola o non se ne fa niente.

CIAO BAMBINI,CONTAGIATEVI D’ALLEGRIA e di saperi.

  Ciao bambini, state tranquilli e godetevi l’inaspettata vacanza. Cogliete l’occasione per dedicarvi a ciò che più vi piace, date sfogo alla vostra creatività. Fate di questo tempo il vostro tempo migliore perchè poi dovrete raccontarlo. Dovrete raccontarlo ai vostri figli, ai vostri nipoti e pronipoti perchè il futuro vi attende. Sarà un futuro migliore e luminoso come un arcobaleno dopo un forte temporale. Usate il tempo per pensare, sognare, progettare … , insomma state allegri!

Usate il tempo pure per continuare ad imparare oltre che con i libri e i quaderni  anche con gli innovativi strumenti che più gradite. Ma mi raccomando provate quanto più potete a non esasperare genitori, parenti e chiunque si occuperà di voi in questi giorni. Voi continuate a fare i bambini spensierati, è il vostro turno, approfittatene. Sappiate però che gli adulti continuano ad avere le loro preoccupazioni e le loro responsabilità, in questo momento ancora di più. Tocca a voi alleviare loro il peso con la vostra buona condotta. So già che lo farete perchè quando volete siete capaci di essere più grandi dei grandi. Buone vacanze bambini, vedrete che troveremo delle modalità piacevoli per continuare a lavorare insieme anche a distanza così da non sprecare nulla di questo prezioso tempo. A presto. Vi voglio bene, a tutti quanti, anche ai più birbantelli. E ricordate NEVER GIVE UP! ( NON MOLLATE MAI!).

La maestra.