“In psicologia, la RESILIENZIA è la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità.(“https://it.wikipedia.org/wiki/Resilienza_%28psicologia%29).
“lL termine “resilienza” in origine proveniva dalla metallurgia: indica, nella tecnologia metallurgica, la capacità di un metallo di resistere alle forze che vi vengono applicate. Per un metallo la resilienza rappresenta il contrario della fragilità. Così anche in campo psicologico: la persona resiliente è l’opposto di una facilmente vulnerabile. Etimologicamente “resilienza” viene fatta derivare dal latino “resalio”, iterativo di “salio”. Qualcuno propone un collegamento suggestivo tra il significato originario di “resalio”, che connotava anche il gesto di risalire sull’imbarcazione capovolta dalla forza del mare, e l’attuale utilizzo in campo psicologico: entrambi i termini indicano l’atteggiamento di andare avanti senza arrendersi, nonostante le difficoltà.(http://www.pietrotrabucchi.it/resilienza.asp).
E’ della serie “Quel che non ti ammazza ti fortifica” e si basa anche su quel che io definisco “Il principio d’Archimede della disperazione”, per cui una volta che sei sott’acqua e tocchi il fondo una spinta vitale ti rispedisce a galla.
Sta di fatto che l’essere umano ha molte più energie di quanto possa immaginare, del resto è in cammino da migliaia e migliaia di anni e, studiando la storia, si nota benissimo attraverso quali sconvolgimenti di ogni genere sia dovuto passare. Sicchè oramai possiede questo meccanismo interno per cui resetta l’avversità trasformandola in esperienza per sopravvivere nel presente e per crearsi scudi nel futuro.
L”‘homo resiliente” lo identifico come una pallina di gomma rimbalzante (quelle comunemente chiamate “palla pazza” – già il concetto di pazzia implica il rompere gli schemi-). Dunque questa pallina che va a sbattere contro un muro non si scalfisce affatto, riceve solo la spinta per andare oltre a sbatacchiare da qualche altra parte e così via. Ogni avversità è una spinta nuova, un volo verso un’altra possibilità. E tra un salto e l’altro immagino uno sberleffo, migliaia di sberleffi al posto di tante lacrime.
Di “filosoficherie” ne ho fatte tante su questo blog, ma questa non mi sembra affatto stramba e le fonti l’avvalorano.
Buon inizio d’estate e andate “rimabalzando” sotto il sole!