L’interdipendenza tra l’umanità e la natura non è solo un risultato ambientale, ma, spesso, una vera e propria simbiosi spirituale. Lo dimostrano l’attaccamento ai propri luoghi d’origine, la necessità di un certo ambiente anzichè un altro. Chi non è mai stato immamorato di un determinato lago, fiume, montagna, bosco …, chi non ne ha fatto culla di ricordi e sospiri di nostalgia. Anche i luoghi apparentemente poco consoni all’insediamento umano, lo diventano eccome prendendo i connotati della normalità quotidiana fino a far sì che il pericolo si trasformi in fascino. Un vulcano, uno strapiombo, una riva … diventano un compromesso tra uomo e natura, un amore, una sfida, una scommessa.
D’altro canto l’opera antropica può mettere a rischio l’ecosistema naturale là dove è la natura che sfinita dallo sforzo di adattamento si rivolta contro e frana, straripa, avvelenata riavvelena, inaridisce …
Dalla narrativa, ai fatti di cronaca, ai documentari, alle ricerche scientifiche l’uomo e la natura formano un tutt’uno. Tuttavia è chiaro che l’uomo ha necessario bisogno della natura, mentre la natura senza l’uomo se la caverebbe alla grande secondo i propri cicli e ritmi biologici.
Sta dunque all’uomo imparare a vivere “naturalmente” anche se l’impresa diventa sempre più ardua e incontrollata. Si confida in quel senso d’appartenenza alla natura, fatto non solo di bisogni di sussistenza fisica, ma anche spirituale, in quell’amore per i propri luoghi dove cultura, mentalità e ricordi fanno sì che anche la specie umana si appropri di radici.
Lascio a chiunque ne abbia voglia lo spazio di dire altro, di dire di più, di dire molto meglio su quest’argomento.